Il contenzioso nei rapporti di credito bancario

Rapporti di c/c
Usura Bancaria ai sensi della Legge 108/96
La struttura del reato di usura alla luce della riforma di cui alla L.108/1996
Il delitto di usura è stato tradizionalmente ritenuto un reato istantaneo, che si consuma anche con la sola semplice promessa o pattuizione di interessi o di altri vantaggi usurari35, con conseguente irrilevanza penale delle successive esose pretese richieste dall’agente alla vittima, in quanto non rappresenterebbero altro che l’ulteriore realizzazione dell’illecito lucro36.
Su tale tradizionale impostazione vanno oggi considerati gli effetti delle innovazioni di disciplina introdotte con la legge 1996/108, che inducono a valutazioni diverse in ordine all’individuazione dell’interesse giuridico protetto, alla struttura del reato, al momento consumativo del reato, alla rilevanza della reiterazione del reato con condotte successive ed autonome alla sua iniziale consumazione, al dolo e alla rilevanza dell’errore sul tasso soglia usurario.
L’art. 11 della legge 108/1996 ha infatti introdotto nel codice penale l’art. 644 ter (Prescrizione del reato di usura) il quale dispone che “La prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale”.
Tale norma, che ha l’evidente ragione di politica criminale di rendere più efficace la lotta all’usura, ha la finalità di far decorrere la prescrizione del reato solo quando siano scomparsi interamente i vincoli di soggezione economica tra l’usurato e l’usuraio. Tra questi soggetti, infatti, la relazione usuraia si svolge generalmente per un lungo periodo (a volte senza fine) e si esaurisce solo quando l’usurato, che nel corso del rapporto non ha avuto il coraggio di denunciare il reato, avendo soddisfatto fino in fondo il debito usurario o essendosi in altro modo sottratto al giogo dello strozzino, lo denuncia e testimonia contro di lui.
Con tale norma, peraltro, il legislatore ha voluto anche superare a piè pari il problema dell’asserita liceità penale della riscossione delle somme, con le quali il cliente estingue il debito usurario nella sua fase finale - che si eccepiva fossero imputabili alla restituzione (lecita) del capitale prestato e non al pagamento (illecito) degli interessi corrispettivi usurari.
La nuova disciplina della prescrizione del delitto di usura, ha così indotto la più attenta giurisprudenza a cogliere gli aspetti innovativi che da essa discendono sulla struttura di tale reato, riportato tra quelli “a condotta frazionata” o “a consumazione prolungata”.
Secondo dette teorie i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario integrano, ove a essi corrisponda una condotta del creditore consistente nel “farseli dare”37 il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, non potendo essere qualificati come semplici post factum non punibili della illecita pattuizione38.
Orbene, è opinione prevalente che l’art. 1 del Decreto Legge 29/12/2000 n.394, convertito con modifiche nella Legge 28/2/2001 n.24 – Interpretazione autentica della legge 7/3/1996 n.108 recante disposizioni in materia di usura, che ha stabilito che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 comma 2 c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”, non abbia modificato né la struttura del reato di usura, né la sanzione civile della non debenza degli intesssi nei prestiti usurari, atteso che la sua portata innovativa, anche se sotto forma di norma intepretativa, è stata solo quella di stabilire che le promesse e le pattuizioni sugli interessi, per essere definite usurarie, devono superare il tasso soglia legislativo in vigore alla data delle stesse, “indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Tale ultima espressione virgolettata, nel suo contenuto letterale e logico, non avrebbe altro significato che sottolineare che, per l’applicazione della sanzione della non debenza degli interessi di cui all’art. 1815 comma 2 c.c. e per la consumazione del reato di usura pecuniaria legale di cui all’art. 644 c.p., basta che ci si faccia promettere interessi che superano il tasso soglia usurario stabilito in quel momento dalla legge, senza che abbia rilevanza che in quello stesso momento, o in un momento successivo, avvenga anche il pagamento degli interessi usurari.
Questa interpretazione è l’unica conforme al contenuto testuale del citato art. 1 e l’unica ammissibile secondo una lettura costituzionalmente orientata e in armonia con il sistema delle regole e dei principi giuridici in materia di mutuo e di usura.
Sarebbe, in particolare, paradossale leggerla nel senso che la dazione effettiva degli interessi usurari convenuti costituisca un post factum non punibile, atteso che per come è strutturata la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 644 c.p. la condotta di riscossione degli interessi usurari rientra a pieno titolo nel fatto lesivo penalmente rilevante; ciò indipendentemente dal fatto che sia stata preceduta o meno dalla promessa o pattuizione usuraria o che sia stata posta in essere da un soggetto terzo o dal medesimo soggetto stipulatore.
La riscossione di interessi usurari costituisce, dunque, sempre una condotta delittuosa, vuoi che la si voglia ritenere come concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria secondo lo schema della consumazione frazionata o prolungata di un reato unitariamente considerato, sia che la si voglia ritenere come un nuovo ed autonomo reato, eventualmente legato alle precedenti condotte di reato dal vincolo della continuazione di cui all’art. 81 cpv. c.p.

L’elemento oggettivo del reato e la valutazione dinamica del complesso delle clausole contrattuali nell’usura bancaria
Nell’usura bancaria ci si trova sovente al cospetto di condotte dei direttori di banca che sono formalmente, o solo apparentemente, osservanti del divieto di superamento del tasso soglia usurario, in quanto al momento della stipula del contratto sia il tasso annuo nominale (TAN) sia il tasso annuo effettivo globale (TAEG), risultanti dalle pattuizioni scritte collegate all’erogazione del credito bancario, sono inferiori al tasso soglia usurario.
Spesso però capita che successivamente all’erogazione del credito, applicate e divenute operative il complesso delle pattuizioni e delle clausole collegate all’operazione di finanziamento ( ad esempio: tutte le clausole applicate all’apertura di credito in conto corrente ) il TAEG cresca spropositatamente finendo con il superare il tasso soglia usurario - a volte permanentemente, a volte solo in alcuni trimestri – in concomitanza con l’abbassamento dei tassi medi rilevati dalla Banca d’Italia e pubblicati trimestralmente dal Ministero dell’Economia.
Le clausole che, inserite in un contratto di finanziamento, determinano tale fenomeno, incidendo sensibilmente sul costo globale del denaro praticato ai clienti, sono molte.
Solo a titolo esemplificativo, e per farne capire l’imponente potenziale effetto distorsivo, si elencano le seguenti:
- le clausole di interesse che indicano un TAN che spesso, già in origine, è poco al di sotto di quelli massimi mediamente praticati dagli operatori bancari;
- le clausole di commissione di massimo scoperto, normalmente prevista e conteggiata in una misura percentuale sul debito massimo che il conto corrente effettivamente raggiunge anche per un solo giorno nel periodo di riferimento (in genere il trimestre);
- le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, delle commissioni di massimo scoperto e delle spese collegate all’erogazione del credito;
- le clausole di antergazione delle operazioni di addebito e di postergazione di quelle di accredito, che, determinando per alcuni giorni rispettivamente l’aumento del picco del debito e la mancata riduzione del debito, influiscono anche sull’aumento degli oneri passivi derivanti dal calcolo della commissione di massimo scoperto;
- le clausole di interessi di mora sulle rate scadute e non pagate già comprensive degli interessi corrispettivi inserite nei mutui collegati al conto corrente con l’addebito delle rate;
- le clausole di addebito sul conto corrente bancario delle poste passive di altri contratti di finanziamento collegati, le quali comportano che dai convenienti tassi di interesse semplice pattuiti con il cliente per le più diverse operazioni di finanziamento, di sconto e di anticipazioni commerciali, si passi ai più onerosi interessi passivi calcolati sul debito di conto corrente, sottoposto peraltro all’effetto moltiplicatore della C.M.S. e della capitalizzazione trimestrale;
- le clausole che prevedono oneri assicurativi e spese sui finanziamenti (assicurazioni a garanzia della restituzione delle somme finanziate, spese di istruzione e di incasso rate, ecc. )
- le clausole che prevedono l’applicazione degli interessi moratori, della commissione di massimo scoperto e dell’anatocismo sul saldo passivo dei conti chiusi.
E’ allora evidente che per stabilire l’usurarietà originaria di un contratto bancario, lo stesso non va valutato in modo statico, ma in modo dinamico, vale a dire nella sua originaria potenzialità di generare corrispettivi usurari non solo sulla base degli interessi, delle commissioni e delle spese pattuite, ma anche sulla base delle “remunerazioni a qualsiasi titolo” collegate all’erogazione del credito, segnatamente di quelle che derivano da clausole che, pur non integrando formalmente un corrispettivo del prestito bancario, producono comunque indirettamente dei vantaggi pecuniari (esempio: le clausole di capitalizzazione, quelle di decorrenza postergata delle valute dei versamenti, quelle che prevedono interessi o altri oneri di mora39, ecc.).
Vanno, dunque, considerate tutte le clausole del contratto nella loro complessa e unitaria concatenazione operativa, la quale, se spesso è ignota al cliente, peraltro incapace di coglierla nella sua effettiva portata, è invece ben conosciuta dai banchieri, soprattutto nello sviluppo dinamico e nell’entità dei guadagni che apporta alla banca.40
Tale criterio di valutazione dell’usurarietà originaria di un prestito bancario, imposto in modo chiaro dall’art. 1 comma 4 L. 108/1996, è stato subito colto e seguito dai più avveduti pubblici ministeri e giudici di merito, sia civili che penali, i quali non hanno esitato a disporre consulenze tecniche contabili al fine di valutare il superamento del tasso soglia usurario.
Essi hanno dato ai consulenti tecnici di ufficio precise direttive in ordine alla necessità di calcolare il tasso annuo globale effettivamente praticato in un rapporto di credito includendovi qualsiasi tipo di remunerazione prevista in contratto in favore della banca in ragione dell’utilizzazione del credito, da qualsiasi clausola derivasse, ivi compresa la commissione di massimo scoperto, per anni ingiustificatamente rilevata a parte dalla Banca d’Italia nella determinazione del TEGM.
Giova evidenziare che il delitto di usura bancaria ex lege, presunta o oggettiva, oltre che consumarsi al momento dell’originaria stipulazione del contratto di finanziamento, può perfezionarsi anche successivamente mediante il sistema della modifica unilaterale delle condizioni contrattuali di cui all’art. 118 Tub.
In forza delle clausole previste da detta norma di legge, le modifiche unilaterali dei tassi, dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali efficacemente comunicate al cliente si intendono da questi approvate se entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione il cliente non recede dal contratto.
Orbene, in tutte le ipotesi di approvazione tacita delle nuove condizioni contrattuali da parte dei clienti, è come se tra la banca e i clienti si stipulassero delle nuove pattuizione, le quali, se afferenti agli interessi, alle commissioni e a qualsiasi altra remunerazione collegata all’erogazione del credito, possono determinare, da sole o unitamente alle altre clausole contrattuali, il superamento del tasso soglia usuraio, realizzando in sé un’autonoma fattispecie di usura bancaria, che reitera il reato eventualmente commesso con il superamento del tasso soglia al momento della prima stipula del contratto bancario.
La migliore dottrina e giurisprudenza, quelle più sensibili alla reale dimensione del fenomeno usura bancaria, sono andate oltre queste forme di usurarietà originaria, configurando il reato di usura ogni qual volta nel corso di un rapporto di durata (ad es. apertura di credito in conto corrente) vi sia stato il superamento del tasso soglia usuraio, anche se questo non sia dipeso dal programma contrattuale pattuito, ma da eventi contingenti, quali una sensibile e rapida diminuzione dei tassi effettivi globali medi a seguito dell’abbassamento non previsto del tasso ufficiale di sconto.
Si osserva, infatti, che le banche, per la legge sull’usura, sono tenute alla trasmissione trimestrale alla Banca d’Italia delle condizioni praticate alla clientela per ogni tipologia di rapporto bancario. A esse, inoltre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze comunica preventivamente i tassi effettivi globali medi in vigore per il successivo periodo di tre mesi.
Ciò pone le banche in condizioni di poter verificare trimestralmente che non sia superato il tasso soglia usuraio nei rapporti di finanziamento da esse in concreto intrattenuti con i clienti e di intervenire per renderli conformi a legge qualora si realizzi o stia per realizzarsi il superamento.
In pratica, con la legge 108 del 1996, sarebbe sorto in capo a tutti, ma segnatamente ai banchieri quali operatori professionali, l’obbligo di non superare mai il tasso soglia usurario nelle operazioni di prestito, atteso che con l’introduzione dell’usura ex lege o presunta, la funzione della norma incriminatrice non sarebbe più connotata da un’oggettività giuridica solamente individuale e patrimoniale, ma anche pubblicistica ed economica.
Il legislatore del 1996, riformulando la descrizione del reato di usura, non tutelerebbe più solo la libertà morale e patrimoniale del cittadino o dell’imprenditore in difficoltà finanziaria, tutelando il contraente debole in stato di bisogno e sanzionando l’ingiustizia sostanziale del rapporto di credito, ma perseguirebbe, segnatamente con l’usura ex lege o presunta, un intento di tutela dell’economia collettiva dalle distorsioni provocate dall’usura, mediante la salvaguardia della correttezza del mercato del credito ed il calmieramento dei tassi di interesse praticabili sui prestiti finanziari.

L’elemento psicologico nell’usura bancaria:
- Ammissibilità del dolo eventuale o indiretto
Prima della riforma del 1996 la giurisprudenza configurava il dolo d’usura come il consapevole approfittamento dello stato di bisogno, richiedendo quindi qualcosa di ulteriore rispetto alla conoscenza da parte dell’agente dello stato di bisogno della vittima. Occorreva, cioè, una 26 consapevole volontà di trarre profitto dalla situazione di bisogno in cui versava il soggetto passivo del reato41.
Fornire la prova del dolo d’usura non era quindi cosa semplice, atteso che a fronte della prova degli elementi oggettivi del reato, si richiedeva la dimostrazione che l’agente conoscesse lo stato di bisogno dell’usurato e che ne avesse intenzionalmente approfittato, con una volontà non vaga ed approssimativa, ma certa e piena del collegamento diretto tra disagio economico del soggetto passivo e natura usuraia della pretesa dell’agente42.
La prova del dolo era resa ancor più difficoltosa dalla comune opinione dell’inconfigurabilità del dolo eventuale nell’usura, ritenendo la giurisprudenza che il dolo d’usura, per quanto sopra detto, non potesse che essere diretto43.
Non era dunque concepibile un delitto di usura, in cui l’agente non avesse voluto profittare dell’usurato, ma avesse agito rappresentandosi l’approfittamento usuraio come una conseguenza probabile o solo possibile della propria condotta, senza volerla in concreto, ma accettando il rischio del verificarsi dell’evento usurario.
Dopo la riforma del 1996, con l’introduzione dell’usura presunta o ex lege, il dolo coincide più semplicemente con la coscienza e volontà di concludere un’operazione di credito a condizioni tali da determinare il superamento del tasso soglia usurario stabilito dalla legge.
L’intenzione malvagia dell’usuraio e la volontà dell’abuso e dell’approfittamento, nell’usura presunta o ex lege, passano in secondo ordine, non essendo più necessarie, assumendo importanza decisiva la rappresentazione del probabile, o anche solo possibile, superamento del tasso soglia usurario come evento voluto o accettato nell’eventualità che si verifichi.
- Normale inescusabilità ed irrilevanza dell’errore di fatto e dell’errore di diritto
Il calcolo dell’ammontare degli interessi usurari praticati in concreto in una data operazione, non è stato mai ritenuto di difficoltà tali da rendere invocabile l’errore sul fatto scusabile ai sensi dell’art. 43 comma 1 c.p., segnatamente per i soggetti che operano comunemente nel commercio44.
Tanto più difficilmente il dolo potrà essere escluso quando ad agire è un banchiere, vale a dire un professionista del credito, dotato di preparazione, mezzi ed organizzazione tali da rendere inverosimile la mancata o inesatta conoscenza del tasso globale di interesse praticato in concreto in una data operazione.
Né sarà possibile, per escludere il dolo, appellarsi all’errore scusabile ai sensi dell’art. 47 comma 3 c.p., in quanto la giurisprudenza considera l’ignoranza del contenuto dei decreti ministeriali di fissazione della soglia usuraria alla pari dell’ignoranza della legge penale e quindi non scusabile ai sensi dell’art. 5 c.p.45.
D’altra parte, nell’ipotesi in cui il soggetto attivo svolga professionalmente una determinata attività, non può addurre a sua discolpa l’ignoranza della legge penale e cioè la mancata o erronea conoscenza della disciplina che regola la materia. E’ indispensabile che egli, per l’espletamento dei compiti inerenti al suo mestiere, sia costantemente aggiornato sotto ogni aspetto circa l’organizzazione complessiva del suo lavoro. In essa rientra la conoscenza della legislazione, specialmente quando questa sia vigente da tempo e ben nota alla generalità dei consociati.
Perciò chi opera in banca, difficilmente potrà invocare l’equivocità delle istruzioni e dei dati forniti dalla Banca d’Italia e del Ministero dell’Economia e della Finanze in relazione al singoli tipo di operazione bancaria, quando è la legge stessa a fornire in modo chiaro e preciso i criteri di calcolo del TAEG e del TEGM.
- Indulgenza della giurisprudenza nella valutazione del dolo
Va rilevato, comunque, che a fronte della semplificazione della struttura e della prova del dolo nell’usura ex lege o presunta, continuano ad affermarsi orientamenti molto indulgenti riguardo all’accertamento dell’elemento soggettivo dell’usura bancaria, essenzialmente riferiti a fattispecie concrete verificatesi negli anni passati, che si fondano su argomenti quali:
a) la minima entità del superamento del tasso soglia rispetto alle somme movimentate nei conti;
b) la episodicità dei superamenti stessi rispetto alla lunga durata del rapporto bancario;
c) la presenza di normativa secondaria di settore solo successivamente rivisitata dalla Banca d’Italia;
d) la partecipazione di più soggetti, in fasi e con poteri diversi ( direttore generale, direttore d’area, direttore di filiale ) alla determinazione delle condizioni contrattuali usurarie fatte sottoscrivere al cliente;
e) la natura sopravvenuta dell’usura di tassi contenuti in origine entro i limiti di legge;
f) la pluralità e complessità del contenuto delle clausole contrattuali che hanno determinato il superamento del tasso soglia.
Invero, alcuno di tali argomenti ha un valido fondamento giuridico se confrontato con la configurazione che la riforma del 1996 ha voluto dare all’usura bancaria, tanto più se si considera che il criterio seguito dal legislatore per la determinazione del tasso soglia usurario ( il tasso di interesse mediamente praticato dagli operatori di settore aumentato di una certe percentuale ) dà ampie garanzie in ordine alla non facilità di superamento per motivi contingenti ed imprevedibili46.
D’altronde, la finalità perseguita dal legislatore con l’usura bancaria è stata quella di favorire un’applicazione quasi automatica del reato, legata al superamento del tasso soglia e con un dolo ridimensionato rispetto alla sua configurazione tradizionale, quasi a fare di tale delitto uno strumento di garanzia della corretta erogazione del credito a tutela dei soggetti e delle categorie sociali più esposte agli abusi del mercato bancario.
Ciò posto, alla luce dei suddetti argomenti e chiarimenti normativi, appare difficilmente giustificabile un approccio indulgente e tendenzialmente innocentista di pubblici ministeri e giudici nell’accertamento del dolo d’usura di amministratori delegati e direttori di banca, che finisce con disapplicare di fatto il reato di usura bancaria. Sotto tale profilo assai criticata è la recente sentenza Cass. Sez. Pen. II n. 46669 del 19/12/2011 che intravede la buona fede del dirigenti bancari basandola sulle previgenti Istruzioni della Banca D’Italia e sul successivo intervento legislativo chiarificatore in materia di includibilità della C.M.S. nella determinazione del T.E.G.M., laddove tutto era chiaro e nulla doveva essere chiarito sin dal marzo 1996, alla luce della modifica del delitto di usura con legge 108/96 ed in particolare con l’inserimento del comma 4 dell’art. 644 c.p. (“Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”).

1) Per i contratti stipulati prima del 24/3/1996 e non ancora esauriti:
a) in caso di usurarietà originaria (superamento del tasso soglia già al momento della stipula del contratto) si applica la sanzione civilistica della riduzione degli interessi al saggio legale, secondo la vecchia formulazione dell’art. 1815 comma 2 c.c., secondo il quale la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale31.
b) in caso di usurarietà sopravvenuta (superamento del tasso soglia in un momento successivo alla stipula del contratto) si ha comunque la riduzione degli interessi entro il limite del tasso soglia usurario. Ciò in quanto, seppure la legge 108/1996 non può operare, per il generale principio dell’irretroattività della legge, rispetto ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, resta però valido il principio, affermato dalla giurisprudenza32, per il quale un contratto di durata valido non può comunque generare nel corso del suo svolgimento effetti che siano vietati da una norma imperativa.
Va evidenziato che l’usurarietà sopravvenuta che qui viene in considerazione è quella determinata da fattori indipendenti dal contenuto del programma contrattuale; si pensi, ad esempio, a uno straordinario e imprevedibile notevole ribasso del tasso ufficiale di sconto che induca un conseguenziale proporzionale ribasso dei tassi medi praticati dalle banche. In tal caso l’ordinamento non può ammettere il pagamento di interessi in misura superiore al tasso soglia trimestralmente rilevato, essendo gli effetti del contratto regolati oltre che dalla volontà delle parti anche dall’eteroregolamento imposto da principi di ordine pubblico (integrazione legale degli effetti contrattuali – art. 1374 c.c. ) quale è appunto quello che vieta qualsiasi effetto usurario33.
2) Per i contratti stipulati dal 24/3/1996, data di entrata in vigore della legge 7/3/1996 n.108, in caso di usurarietà si applica sempre la sanzione civilistica della non debenza degli interessi, prevista dal testo dell’art. 1815 comma 2 c.c. come modificato da detta L. 108/1996.
Per tali contratti si ha usurarietà sia che il superamento del tasso soglia sussista già al momento della stipula del contratto (usurarietà originaria), sia che sopravvenga nel corso di esecuzione del rapporto ma per fattori dipendenti dal contenuto contrattuale originario (si pensi al superamento successivo del tasso soglia che avvenga per l’operatività del complesso delle clausole contrattuali, i cui effetti concomitanti e concatenati abbiano fatto lievitare il tasso effettivo globale iniziale)
Per i casi di usurarietà sopravvenuta determinata da fattori straordinari e imprevedibili indipendenti dal contenuto del programma contrattuale, l’ordinamento non può comunque ammettere il pagamento di interessi in misura superiore al tasso soglia usurario, essendo gli effetti del contratto regolati oltre che dalla volontà delle parti anche dall’eteroregolamento imposto da principi di ordine pubblico (integrazione legale degli effetti contrattuali – art. 1374 c.c. ) quale è appunto quello dell’art. 644 c.p., nella parte in cui vieta l’usura pecuniaria legale34; per cui in tali casi, pur non potendosi applicare la sanzione della non debenza degli interessi, si avrà comunque la riduzione degli interessi entro il limite del tasso soglia usurario.


 

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